Kif kif demain, Du rêve pour les oeuf e Les gents du Balto hanno in comune la medesima ambientazione, le Banlieues e anche una sorprendente delicatezza nel saperle raccontare. Faïza Guène ti catapulta in un mondo fatto di storie di immigrazione e di emarginazione dove l’umorismo, sebbene a volte amaro, non viene mai messo da parte e i personaggi assumono, a tratti, caratteristiche al limite della caricatura come il padrone razzista che si compiace di chiamare tutte le donne arabe, Fatma, i neri Mamadou e i cinesi Ping-Pong. Ma il bello è che lascia che siano gli stessi protagonisti a raccontarsi e a raccontare senza giudicare o scadere nel vittimismo.
In Kif kif demain entriamo nel mondo di Doria proprio attraverso gli occhi di Doria, una ragazza di quindici anni che vive a Livry-Gargan con la madre dopo che il padre ha trovato una donna più giovane ed ha fatto ritorno in Marocco. Lo sguardo di Doria è duro e senza speranza verso l’avvenire, come ribadisce, lo stesso titolo del libro “Domani uguale”, ma poi, grazie all’amore il suo approccio al mondo si fa via via meno rigido e l’evoluzione è incarnata dalla rivelazione che l’ “altro” non è sempre un nemico da annientare.
In Du rêve pour les oufs, la realtà della banlieu di Ivry è filtrata attraverso gli occhi di Ahlème (nome evocativo, in arabo significa “Sogno”), una ragazza di 24 anni che vive con il padre, un ex operaio rimasto invalido tre anni prima a causa di un incidente sul lavoro, e con il fratello minore Foued, perennemente a caccia di guai nella periferia parigina teatro di frequenti scontri con la polizia. Manca all’appello la madre che è stata assassinata in Algeria nel 1992. Nel suo mondo, popolato da assistenti sociali, spacciatori, delinquenti comuni, Ahlème cerca l’amore, spesso ne è delusa, ma soprattutto ha la capacità e la determinazione di guardare avanti e di non arrendersi di fronte ad un presente che non si presenta dei migliori.
Les gents du Balto è invece un romanzo corale, dove la stessa realtà è dipinta attraverso i coloriti ritratti e gli svariati punti di vista degli abitanti di Joing-les-Deux-Bouts, una piccolo sobborgo, parte di una grande banlieue, nei pressi dell’ultima fermata della linea della RER. Un mattino un uomo di nome Joel Morvier, il padrone razzista e detestato da tutti del bar Terminus, viene ritrovato morto in una pozza di sangue. Si tratta di un caso di omicidio, dunque si indaga, e ad emergere non è solo il nome dell’assassino, ma la complessa e sfaccettata realtà di chi vive ogni giorno al confine con l’ultima fermata della RER.