La poesia può abitare il mondo, ce lo insegna Emily Dickinson attraverso la sua esperienza. La poetessa, considerata tra i maggiori lirici del XIX secolo, a ventitré anni si estranea dalla vita sociale per raccontare l’universo interiore, lo spazio intimo che contiene l’infinito. Una dimensione fatta di pensiero, riflessione, pura anima. Lo fa contemplando la natura dalla sua finestra, osservando i fiori, gli insetti, il cielo. I versi per Emily Dickinson diventano chiave di lettura della realtà, unico motivo di sopravvivenza e possibilità di accogliere la vita. Quella vita che senza poesia rischierebbe di essere solo immaginata, ma mai vissuta pienamente, perché non abitata dal sentire. Non la prosa, non la quotidiana esistenza, dunque, può dettarci il significato pieno delle cose quanto può farlo la poesia.
“Io abito nella Possibilità –
Una Casa più bella della Prosa –
Più ricca di Finestre –
Superiore – quanto a Porte –
Con Camere come Cedri –
Inespugnabili dall’Occhio –
E per Tetto Perenne
Le Volte del Cielo –
Come ospiti – i più belli –
Quanto all’Occupazione – Questa –
L’ampio dispiegarsi di esigue Mani
Per raccogliere il Paradiso -“
Emily Dickinson, 1862.