Cosa leggere sulla spiaggia al calar del sole? Certamente Le sorelle Donguri di Banana Yoshimoto. Una storia da leggere in un paio di giorni. Come altri romanzi di Banana Yoshimoto, temi profondi e complessi come la perdita e la solitudine vengono trattati con sorprendente leggerezza e la vita viene descritta attraverso le cose quotidiane e i piccoli gesti, con una tale bellezza che le pagine trasmettono vitalità ed ottimismo. Magia che solo Banana Yoshimoto sa creare facilitata certamente dalla cultura giapponese fatta di forti contrasti. Guriko e Donko sono due sorelle che decidono di aprire una posta del cuore: un indirizzo e-mail a cui ci si può rivolgere per affrontare questioni importanti o di poco conto, che non si vogliono condividere con conoscenti, ma che si preferisce affrontare con perfetti estranei. Pur non essendo un vero e proprio lavoro, le due sorelle affrontano quest’attività in modo professionale. Nonostante il distacco delle loro risposte accade che un bel giorno proprio una delle e-mail porterà Guriko a ripensare al suo primo amore, quello delle elementari, e la coinvolgerà a tal punto che sarà indotta a ricercare questa persona uscendo da una vita casalinga e rilassata e ritornando a vivere il mondo appieno. Donko invece, al contrario della sorella, passa giorni a sperimentare cibi, sentimenti e luoghi con spensieratezza e curiosità. Le sorelle Donguri, diverse ma perfettamente complementari, ci restituiscono con la posta del cuore una serie di immagini e situazioni in cui tutte le emozioni si alternano e si mescolano in un grande concerto di immagini e colori. Un romanzo da leggere in collina, in montagna o in città purché con temperatura mite e davanti ad un bel paesaggio.
“In Corea senti la vita come qualcosa di tuo. In Giappone è come se ce la portassimo dietro tenendola chiusa in una teca di vetro, mentre in Corea ci scorre davanti agli occhi, la sentiamo bruciare dentro di noi. Forse anche il Giappone della nostra infanzia era così. Anche oggi abbiamo camminato tanto, tantissimo. Tenendoci per mano, battendo i piedi sull’asfalto ghiacciato. Senza degnare di uno sguardo centri commerciali né negozi di marchi di lusso, abbiamo solo camminato, e quando ci stancavamo entravamo in uno di quei posti tipo Starbucks, compravamo dei bicchieri con il caffè e li stringevamo tra le mani per riscaldarcele. Non mi preoccupavo di niente: il caffè era buono, in quel momento esistevo solo io, e pazienza se il posto in cui mi trovavo non era veramente uno Starbucks. Incredibile, no? Solo in Giappone certe cose possono costituire un problema.”
“In Corea, nelle strade di sera si sente ancora la sera. È scuro, e l’aria è gelida, come se fosse satura di particelle di ghiaccio. Il respiro delle persone è bianco, e quando sono allegri i loro volti lo trasmettono, quando sono arrabbiati invece trasmettono rabbia. I buoni hanno l’aria buona, i cattivi hanno l’aria maliziosa. Hanno tutti l’esuberanza di chi sa ei essere vivo, l’energia che sprigionano è visibile a occhio nudo. Ovunque c’è confusione, vivacità, la gente non si trascina per le strade come da noi in Giappone. Certo che è proprio bello viaggiare. Ci apre gli occhi su tutto ciò che ci portiamo dentro. Ti ci vorrei portare quaggiù.”