Quello che tutti i lettori di Maurizio De Giovanni si staranno chiedendo è “Ma sarà davvero l’ultima indagine per il commissario Ricciardi?”
Io personalmente sento già la nostalgia di questo personaggio bellissimo. Il commissario tormentato che si aggira tra le vie di Napoli, negli anni Trenta, alla ricerca di assassini. Con in testa gli ultimi pensieri della vittima, parole che solo lui può sentire, dono e dannazione allo stesso tempo.
Con “Il pianto dell’alba”, il suo ultimo romanzo, si chiude una serie di successo iniziata quattordici anni fa.
De Giovanni lo ha presentato qualche giorno fa nel cortile dell’archiginnasio di Bologna. Un reading alternato a brani musicali dove ha cominciato parlando di vento in una città dall’aria ferma e umida.
Il pubblico sembrava incantato. Un po’ per le parole, un po’ per la musica ma un po’ (credo) per la speranza che un filo di quel vento come un miraggio si materializzasse davvero.
Ma il vento cambia, e quando cambia fa tutto un altro effetto. Nella grande città la maggior parte della gente nemmeno se ne accorge, perché nei vicoli e nelle piazze spesso la brezza rimbalza e cambia direzione: non è come in riva al mare, dove la differenza fra un vento e l’altro può essere quella fra morire di fame o riuscire ad arrivare all’indomani, e quindi si deve conoscere l’aria come si conosce l’acqua.
Il pianto dell’alba – M. De giovanni
L’amore si racconta, sai. Adesso l’ho capito. Non serve a niente, l’amore, se resta sepolto in una stanza, a incenerirsi nelle mani di un uomo solo. L’amore si racconta, non importa in che lingua, non importa se sussurrato o urlato. Se si ha la fortuna di incontrarlo, l’amore, non si può far finta di niente. Mai più.
il pianto dell’ alba – m. de giovanni
“Sarà davvero questa l’ultima estate per il commissario Ricciardi?”
Non ho resistito e alla fine l’ho chiesto a Maurizio De Giovanni. Mi ha risposto con quel modo che ha di sgranare un po’ gli occhi e abbassare la voce “Ci sto pensando, ma credo che in una qualche forma Ricciardi tornerà. Certamente in un’altra epoca, io immagino gli anni Sessanta”.