Romeo e Giulietta a Vigata all’inizio del Novecento

In giorni come questi, un po’ tristi e incerti, cosa c’è di meglio di una storia d’amore? L’amore ci rende energici, ci rinnova, spazza via le paure e riattiva i nostri sogni. Ecco perchè vi segnalo la storia d’amore per eccellenza, quella di Romeo e Giulietta, ma rivisitata in chiave moderna. Immaginatela ambientata a Vigata. Immaginate due importanti famiglie della città  in perenne conflitto, nel milleottocentonovantanove, quando tutti sono in attesa del nuovo secolo, quello della rivoluzione delle notevoli scoperte scientifiche e della modernità. Immaginate gli ottimisti, quelli che vedono nella luce elettrica e nell’industria un progresso in grado di liberare e far evolvere l’umanità. Pensate poi agli scettici, quelli che invece pensano che sarà un secolo di catastrofi. E mentre si discute dei vantaggi e delle insidie della modernità, tutto il mondo si prepara a grandi festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno, incluso il primo grande ballo pubblico di Vigata. Sarà un ballo aperto a tutti e si terrà nel Teatro Comunale di Vigata.  Proprio in questa atmosfera, in questo momento storico, i figli delle più grandi e avverse famiglie in vista di Vigata si innamorano.

Come Romeo e Giulietta, cercheranno il modo di vivere l’amore proibito affidandone le sorti a qualunque espediente.

L’atmosfera con cui Camilleri ci presenta la Sicilia del novecento è fantastica, basta un attimo per essere trasportati indietro nel tempo. Una fotografia fatta di poche ma efficaci immagini che ci ricorda le innovazioni e le rivoluzioni di quell’epoca. Camilleri ci racconta l’ amore con semplicità ma anche acume, quel sentimento passionale che sa ben definire. E come ogni scritto del grande maestro non potrà mancare l’ironia e la conoscenza delle dinamiche sociali popolari.

Leggetelo se potete e il vostro animo ne sarà rinfrancato.

Il libro fa parte della raccolta  “Le storie di Vigata” distribuito con Repubblica e si intitola Romeo e Giulietta.

“Quanno che nel munno ‘ntero s’arrivò a mità dell’anno milli e ottocento e novantanovi non ci fu jornali o rivista che non parlassi del nuovo secolo, di come sarebbiro stati anni di civirtà e progresso, di paci e di prosperità, con l’applicazioni delle granni scoperti scientifiche che annavano dalla luci lettricache di notti avrebbi illiuminato le strate a jorno, a quella specia di carrozza a motori chiamata atomobili capaci d’arrivari alla vilocità pazza di trenta chilometri all’ura. E c’era macari chi sostiniva che si stava studianno ‘na machina che avrebbi fatto volari n’aria a ‘n omo come se fusse un aceddro. I jornali contavano macari dei granni festeggiamenti che si stavano priparanno in ogni parti, da Parigi a Nuovajorca, e parlavano del ballo Excelsior che si sarebbi viduto alla Scala di Milano e che sarebbi stato il cchiù granniuso binvenuto al primo secolo moderno, quello indove la vita di  tutti si sarebbi cangiata. In meglio, naturalmenti. «E ccà a Vigàta non facemo nenti?» fu la dimanna che accomenzò a corriri paisi paisi.”

“Nel parco riali, Manueli d’Asaro e Mariarosa Petralonga, assittati allato, parivano dù statue. Mai ‘na vota che avissiro votato la testa a taliarsi. Immobili, tinivano l’occhi fissi ‘n platea. E ogni tanto scrivivano qualichi cosa con la matita supra a un blocchetto che il sinnaco aviva dato a quelli della giuria. Si signavano evidentementi le meglio maschiri da premiari. Pò capitò ‘na cosa che nisciuno potì notari. Senza volirlo, la gamma mancina di Manueli sfiorò la gamma dritta di Mariarosa. Manueli ritirò di scatto la gamma come se si fusse abbrusciato. Dopo manco un minuto, fu la gamma dritta di Mariarosa a sfiorari la gamma mancina di Manueli. Manueli s’attrovava in una posizioni tali che non potti scostari la gamma. E Mariarosa non allontanmò la sò.”