Proprio ieri, attraversando in bicicletta il parco di Corticella mi sono persa nei colori dell’autunno e le strofe di Verlaine hanno inondato la mia mente, portando con sè un bagaglio di reminiscenze legate alle scuole medie e, in particolare, alla professoressa di francese, una signorina bislacca e umorale dall’inconfonfondibile cappellino con la veletta e dalle guance inondate di cipria. Ho sorriso di un sorriso malinconico, caldo, dolce come la luce dei pomeriggi d’autunno.
Canzone d’autunno
I lunghi singulti
dei violini
d’autunno
mi lacerano il cuore
d’un languore
monotono.
Pieno d’affanno
e stanco, quando
l’ora batte
io mi rammento
remoti giorni
e piango.
E mi abbandono
al triste vento
che mi trasporta
di qua e di là
simile ad una
foglia morta.
Chanson d’automne
Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon cœur
D’une langueur
Monotone
Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure;
Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.
Paul Verlaine, Poèmes saturniens