Ultimo tango a Pechino. Nella Cina ricca e spietata degli anni recenti, un giovane capitano d’industria abituato a comprare tutto, anche l’amore di chi non lo ama, incontra un ragazzo quasi adolescente, che si prostituisce per necessità economica o forse per autopunizione, e con lui brucia per la prima volta nel fuoco di una passione erotica che cambierà la vita di entrambi.
Ormai sono passati tre anni. Tutte le notti lo rivedo in sogno e ogni volta con il cuore in gola gli domando: “Non sei morto?” Oggi, dopo tre anni, faccio ancora questo sogno, ma con una differenza: nell’illusione onirica, mi rendo conto a più riprese di stare solo sognando. Finché non mi sveglio.
Come forse alcuni di voi sapranno, è da qualche mese che il mio interesse per l’estremo oriente si è fatto più intenso e, di conseguenza, anche il mio desiderio di leggere autori appartenenti a quella fetta di mondo. Per questo motivo oggi vi parlo di Beijing Story, un libro che ho letteralmente divorato nello spazio di un giorno e una notte.
Quello che mi ha colpito maggiormente di questo romanzo autobiografico è che, vuoi per la narrazione in prima persona, vuoi per la forza delle tematiche trattate, mi è rimasto addosso anche dopo avere letto l’ultima pagina, tanto da avermi reso impaziente di recuperare la visione di Lan Yu, il film che ne ha tratto Stanley Kwan nel 2001.
Anche la genesi di Beijing Story è singolare perché l’opera ha visto la sua prima pubblicazione sul web sotto forma di internet novel per sfuggire alla censura in vigore in Cina e, sempre per lo stesso motivo, l’autore rimane a tutt’oggi anonimo e ha adottato il soprannome Tongzhi che può essere tradotto come “compagno” e, più genericamente, “omosessuale”.
Beijing Story, Tongzhi, Ed. Nottetempo.