“Songlian, la quarta signora, aveva diciannove anni quando arrivò in casa Chen. Il palanchino che ve la condusse, sollevato da quattro portatori, entrò nel giardino verso sera passando per la porta posteriore del lato occidentale della dimora. Le domestiche, intente a lavare matasse di lana vecchia accanto al pozzo, videro il palanchino sbucare silenziosamente dalla porta rotonda a forma di luna e scenderne una studentessa con indosso una camicia bianca e una gonna nera.”
Quando Songlian arriva nella casa di Chen Zuoqian, è la quarta moglie, la prima è Yuru, ormai anziana e madre del primo figlio maschio, la seconda è Zhuoyun che, nonostante le apparenze, si rivelerà essere la più meschina di tutte, la terza è Meishan, una donna con un passato da cantante lirica.
Sullo sfondo c’è la Cina pre-rivoluzionaria con i suoi retaggi ancora di stampo medievale quali il sistema del concubinato. A questo proposito, dalle pagine del romanzo, emerge la forte critica di Su Tong nei confronti di quel tipo di società che relega la donna in una condizione di netta subordinazione, infatti le ragazze prive di mezzi di sostentamento, come Songlian, la protagonista, non avevano la possibilità di scegliere la propria vita.
“La ragione per cui Songlian, dopo aver fatto un solo anno di università, si era sposata con Chen Zuoquian era molto semplice: la fabbrica di tè gestita dal padre aveva fatto fallimento e lui non aveva più soldi per mantenerla agli studi, così dovette interromperli. Il terzo giorno che era tornata a casa, sentì urla e strepiti provenire dalla cucina. Vi si precipitò e vide il padre inclinato sul bordo della vasca piena di acqua arrossata dal sangue e ricoperta di bolle. Si era tagliato le vene e aveva serenamente intrapreso il cammino per le Sorgenti gialle.”
All’interno del palazzo di Chen Zuoquian ognuna delle mogli ha una propria residenza e dispone di personale di servizio, ma la vita è simile a quella che si potrebbe trascorrere in una prigione, infatti per le donne ci sono solo solitudine e spersonalizzazione.
Ne è un esempio eloquente la risposta di Chen Zuoqian alla domanda rivoltagli da Songlian: Che fine hai fatto fare al mio flauto?” Lui esitò un attimo, quindi rispose: Temevo potesse distrarti, l’ho portato via.”
Inoltre ci sono regole ferree e punizioni per chi non le rispetta. Per Songlian il sinistro pozzo sotto al pergolato di glicine, sembra rappresentare un avvertimento e insieme un presagio di sventura.
La giovane moglie impara presto a doversi guardare le spalle, a diffididare delle apparenze e a barcamenarsi in un contesto permeato dall’ipocrisia perchè, dall’essere la favorita al cadere in disgrazia basta un attimo.
Le mogli sono in continua competizione per ottenere il favore del padrone che aumenta o diminuisce a seconda che riescano a dargli un figlio maschio, a onorare la casata, a essere giovani e avvenenti. Pertanto le donne, ben lontane dall’essere solidali tra loro, si fanno la guerra utilizzando espedienti spesso crudeli e meschini.
A mio parere, accanto alle donne che sono le indubbie protagoniste della vicenda, una figura che merita attenzione all’interno del romanzo è quella di Feipu, il figlio maggiore, in quanto rappresenta una sorta di “controparte” maschile di Songlian, infatti come quest’ultima non riesce a conformarsi all’ipocrisia e alle aspettative della famiglia e della società. Uniti da questo terreno comune Songlian e Faipu riescono ad avere un rapporto e un dialogo scevri dalla meschinità e dalle cattiverie che aleggiano nel palazzo.
«Non mi posso cambiare. E’ una punizione del cielo! Gli uomini della famiglia Chen sono sempre stati attratti dalle donne, per generazioni. Io, invece, no. Ho avuto paura delle donne fin da piccolo, sopratto di quelle della nostra famiglia. Solo di te non ho paura, ma questo non vuol dire che io me la senta…Capisci?»
«Capisco. Non darmi altre spiegazioni, non ce l’ho con te, veramente, non te ne voglio».
Il finale è claustrofobico, senza possibilità di redenzione per la protagonista ormai chiusa nel proprio mondo, mentre intorno a lei, tutto sembra ricominciare da dove è iniziato in una sorta di circolarità da cui è impossibile uscire se non con la morte o con la follia.
Dal romanzo è stata inoltre tratta la celebre pellicola Lanterne rosse, diretta da Zhāng Yìmóu nel 1991.
Mogli e concubine, Su Tong – Orientalia
Sito web della casa editrice: Orientalia editrice
Trama
Costretta ad abbandonare gli studi universitari per sfuggire alla rovina in cui è precipitata la famiglia, la giovane e orgogliosa Songlian decide di sfuggire al suo destino di povertà diventando la quarta moglie e concubina del ricco Chen Zuoqian. Ma l’opprimente logica che regola la vita di palazzo e che induce ognuna delle mogli e concubine a commettere meschini soprusi pur di guadagnare i favori e la considerazione del marito, si rivelerà ben presto in tutta la sua crudeltà e spingerà Songlian verso l’unica via di fuga che riuscirà a trovare.
Con Mogli e concubine – divenuto subito un libro di culto, ancor prima che il regista Zhang Yimou ne traesse il film Lanterne rosse – Su Tong ha scritto una critica sociale implacabile contro l’oppressione dell’individuo, e in particolare della donna, nella Cina prerivoluzionaria.