Il caffè in “Questi Fantasmi”

Buongiorno e buon risveglio. Mentre sorseggiate il primo o il secondo caffè della giornata, vi propongo questo fantastico dialogo estrapolato dalla commedia di Eduardo De Filippo: “Questi fantasmi”, messa in scena ieri dalla Compagnia di Teatro di Luca De Filippo, al Teatro Arena del Sole di Bologna. La regia, diretta da Carolina Rosi, è stata affidata a Marco Tullio Giordana.

Una commedia dell’equivoco straordinaria, per l’efficacia dei dialoghi, l’ironia dirompente e la profondità dei temi trattati la cui drammaticità viene stemperata tra una risata e l’altra. Questo sanno fare i grandi scrittori: parlare di cose serie, facendo piangere e facendo ridere allo stesso di tempo.

“A noialtri italiani toglieteci tutto ma questo poco di riposo in terrazza… Io per esempio, a tutto rinuncerei tranne che a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori in terrazza, dopo quell’oretta di sonno che uno si fa dopo mangiato. Però il caffè me lo devo fare io stesso, con le mie mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare anche sei, e, se le tazze sono piccole, anche otto… quando vengono gli amici… d’altra parte il caffè costa così caro…”

“Mia moglie queste cose non le capisce. È molto più giovane di me, sapete, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sotto un certo punto di vista, sono la poesia della vita; perché, oltre a farvi occupare il tempo, vi danno pure una certa serenità di spirito. Nessuno potrebbe mai prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo… con la stessa cura… Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente…”

“Professore, anche voi vi divertite qualche volta, perché, spesso, vi vedo fuori in terrazza che fate la stessa cosa. Sì, sì, anch’io. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me… Anche voi, professore?… Fate bene… Perché, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore…: color manto di monaco. È una grande soddisfazione, ed evito pure di arrabbiarmi, perché se, per una dannata combinazione, per una mossa sbagliata, sapete… vi scappa di mano la cuccuma,…e si mescola il caffè con i fondi insomma, viene uno schifo… siccome l’ho fatto con le mie mani e non posso prendermela con nessuno, mi convinco che è buono e me lo bevo lo stesso. Professore , il caffè è pronto.

Ne volete un po’… Grazie.

Accidenti, questo sì che è un caffè… Vedete quanto ci vuole poco per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa, tranquillamente, qui fuori… con un simpatico dirimpettaio… ;perché voi siete simpatico, professore… Adesso mezza tazzina la conservo, e me la bevo tra una sigaretta e l’altra.”

E proprio riflettendo sul caffè e più in generale sui piaceri della vita, vi auguro un buon lunedì.