Stiamo muovendo i nostri primi passi in una nuova realtà. Tornando lentamente a vivere le nostre vecchie abitudini, in modo diverso. Affrontiamo questo periodo con modalità differenti, muovendoci nell’incertezza, seppur con maggiore ottimismo intanto che la bella stagione sta per arrivare. Veniamo da un periodo duro, difficile, che ci ha messo alla prova. Abbiamo fatto dolci, ginnastica in casa, caffè virtuali o semplicemente i conti con noi stessi. Ne siamo riusciti arricchiti? Cosa abbiamo imparato? Cosa cambieremo della nostra vita per renderla migliore?
Se anche voi come me state provando a metabolizzare questa esperienza o ad assegnargli un senso più ampio e significativo, vi consiglio di leggere queste piccole raccolte di interviste dove personaggi noti, scrittori, economisti, sociologi analizzano quello che è accaduto e che sta accadendo: “Il mondo che sarà” supplemento del quotidiano la Repubblica. Un diario in cui sono sicura che ciascuno potrà ritrovare un pezzo di sé e del suo vissuto.
Il libro ha una bella grafica ed un formato perfetto per essere tenuto in borsello o borsetta. Può essere consultato all’occorrenza, magari in quei tempi morti che potrebbero caratterizzare una vita più regolamentata e forse più noiosa e lenta. Ma chissà che poi la noia non sia qualcosa di utile.
“A livello individuale scopriamo bisogni che avevamo dimenticato: la pace, il distacco, la riflessione, la noia. Restando chiusi in casa possiamo guardare con attenzione noi stessi e i nostri limiti. Dov’è il nostro punto di rottura, quanto riusciamo a sopportare, dov’è il nostro centro? In che misura vivo realmente la mia vita?”
“Sapremo che genere di società siamo realmente. Se sappiamo essere compassionevoli. Se sappiamo essere responsabili per noi e per gli altri. Se ci adeguiamo e osserviamo le norme. Se fra poco, quando comincerà la crisi saremo solidali o se, forse, la solidarietà non è altro che uno slogan da mettere sulle bandiere come postulato proprio perché è la cosa che ci manca di più.”
Estratto dell’intervista a Olga Tokarczuk.
“A volte viviamo una comunicazione fra noi soltanto virtuale. Invece dovremmo scoprire una nuova vicinanza. Un rapporto concreto fatto di attenzioni e pazienza. Spesso le famiglie a casa mangiano insieme in un grande silenzio che però non è dato dall’ascolto reciproco, bensì dal fatto che i genitori guardano la televisione mentre mangiano e i figli stanno sul telefonino. Sembrano tanti monaci isolati l’uno dall’altro. Qui non c’è comunicazione; invece ascoltarsi è importante perché si comprendono i bisogni dell’altro, le sue necessità, fatiche, desideri. C’è un linguaggio fatto di gesti concreti che va salvaguardato. A mio avviso, il dolore di questi giorni è a questa concretezza che deve aprire.”
Estratto dell’intervista a Papa Francesco.