La competizione in un racconto di Camilleri: i duellanti

Cosa pensate della competizione? È una tensione positiva o qualcosa che rifuggite nella vostra vita? Gli atleti e gli sportivi sono abituati a fare i conti ogni giorno con questa tensione: si arrabbiano se non riescono, studiano gli avversari, imparano, migliorano e sono fortemente stimolati a migliorare. Per altri la competizione è fonte di stress, qualcosa che impedisce di dare il meglio di sé e quindi preferiscono starne alla larga.

Andrea Camilleri, che ha puntualmente descritto tanti aspetti della vita umana, racconta la storia di una bella competizione ne: “I duellanti”. Questa storia, insieme ad altre, fa parte della collezione di racconti che non hanno al centro il commissario Montalbano. Si tratta di storie di altri tempi accadute a Vigata. Sono vicende avvincenti che raccontano sentimenti e situazioni che molti di noi provano ma che soltanto pochi sanno raccontare.

Cecè Caruana ne “I duellanti” è un gelataio che nei mesi estivi abbandona il lavoro di muratore e per i due mesi di luglio e agosto diventa gelataio sulle spiagge di Vigata. Siamo nel millenovecentotrentanove e Cecè, che fino ad allora era l’unico a vendere gelato sulla “pilaja” di Vigata, si ritrova d’improvviso a fare i conti con un concorrente. Non si tratta di un concorrente qualunque, peraltro, ma di un ragazzo che frequenta la sua ex moglie: Sisina.

La competizione si fa a colpi di megafoni e slogan per richiamare la gente, carretti più capienti e veloci per battere sul tempo, sconti sul numero di palline vendute e innovazioni sul modo di mangiare il gelato. Da qualche parte nel mondo, infatti, hanno inventato una cosa molto comoda per prendere il gelato: il cono! Chi si approprierà per primo di questa importante innovazione?

Racconto che si legge tutto d’un fiato e che ci trasporterà in un mondo in cui la rivalità diventa un modo autentico di stare in relazione con l’altro, con entusiasmo, energia e rispetto profondo.

Ve lo straconsiglio. Mi capita spesso di pensare a Cecè e Michele quando mi reco in quelle gelaterie dove sono solita prendere il gelato.

Dal primo jorno di luglio all’urtimo di austo però, e cioè duranti la stascione dei bagni, Cecè finiva di fare il muratori e passava a fari il gilataro. Si mittiva ‘na parannanza bianca, un cappiddruzzo puro bianco e annava vinnenno strata strata gilati che faciva lui stisso sempri e solamenti di ‘sti gusti: granita di limoni e cafè, crema e cioccolato. […] Cecè aviva accesso alle dù pilaje, quella dei ricchi e quella dei povirazzi. Il cono gilato all’ebica non era stato ancora ‘nvintato.”

Il tri di luglio del milli e novecento e trentanovi, che già da dù jorni Cecè come al solito si era mittuto a vinniri gilati, capitò un fatto che misi a rumore tutto il paìsi. Supra alla pilaja spuntò ‘n autro carrittino di gilati. Era cchiù moderno e cchiù granni di quello di Cecè, ‘nfatti aviva la capacità di tre pozzetti. E inoltri non era un vero e proprio carrittino da ammuttari a forza di vrazza, era un triciclo. Il gilataro potiva spostarlo comodamenti stannosinni ‘n sella e pidalanno. Ma la cosa che a momenti fici cadiri ‘n terra sbinuto a Cecè per la raggia fu che il gilataro era Micheli Filippello, l’amanti di Sisina.”

Foto: la foto riporta uno dei libri della collezione “Le storie di Vigata” di cui il racconto “I duellanti” fa parte.