Cari amici di Libri & Co,
in questa rubrica troverete alcune informazioni, raccolte spulciando qua e la, per curiosare tra ciò che si scrive e che si legge in qualche parte del mondo. Nel vostro viaggio troverete anche un piccolo bagaglio a mano con alcuni titoli consigliati per la lettura.
Meta di questo primo viaggio è il Giappone e la letteratura Giapponese.
La letteratura Giapponese è stata al centro del salone del libro di Parigi che si è tenuto in marzo 2012. La rivista letteraria francese “Lire” ha dedicato nel numero di marzo un intero dossier.
La letteratura Giapponese è piuttosto giovane, nasce infatti nel XIX secolo quando il Giappone si apre all’occidente e abbandona le influenze cinesi. Da quel momento sarà caratterizzata dalla ricerca di un equilibrio tra tradizione e modernità e fortemente contaminata dalle correnti letterarie Europee.
E’ cosi difficile individuare un leitmotiv nella scrittura degli autori giapponesi, che costituiscono un panorama molto variegato e frammentato.
Gli autori cosiddetti classici sono quelli segnati dagli avvenimenti del XX secolo, quali guerre, terremoti e l’atomica e testimoniano soprattutto la veloce trasformazione della società giapponese e le contraddizioni che ne derivano (Yukio Mishima 1925-1970, Kenzaburō Ōe 1935- 1944, Yasunari Kawabata 1899-1972, Ryūnosuke Akutagawa 1892-1927, Osamu Dazai 1909-1948, Kōbō Abe 1924-1993, …).
Gli autori nati dopo la guerra, invece, esprimono soprattutto la perdita di riferimenti ed il e molte delle opere di questo periodo trattano temi esistenziali.
Le prime riviste letterarie nascono proprio nel dopoguerra e si sviluppa in questa fase una letteratura di massa. Laletteratura non è più soltanto improntata alla tradizione, alla memoria storica ma anche una lettura più leggera e più facile in cui viene data voce ai cambiamenti socioculturali del dopoguerra (liberalizzazione dei costumi sessuali, progresso economico, modernità). Le nuove generazioni sono aperte a qualsiasi influenza esterna per andare oltre la loro insularità e mescolarsi al resto del pianeta. Tra gli autori di questa seconda fase: Haruki Murakami (1949), Hitonari Tsuji (1959), Teru Miyamoto (1947), Ryu Murakami (1952), Keiichiro Hirano (1975).
Molte sono invece le scrittrici giapponesi che trovano nella scrittura un rifugio nell’onirismo per sfuggire ad un mondo crudele e alla loro fragilità: Yoko Tawada (1960), Yuko Tsushima (1947), Rieko Matsuura (1958), Banana Yoshimoto (1964).
Mariko Ozaki, responsabile della pagina culturale di uno di uno dei giornali più famosi, comparabile a le Figaro in Francia, si sofferma soprattutto sulla letteratura giapponese postmoderna nata nel 1987. I due libri emblema della letteratura post moderna sono “Kitchen” (1988) di Banana Yoshimoto e “La ballata dell’impossibile” (1987) di Haruki Murakami. Quest’ultimo con il suo ultimo libro 1Q84 ha venduto più di 2 milioni di libri in Giappone nel 2009,.
Gli autori postmoderni rispetto ai precedenti hanno il vantaggio di scrivere come parlano. “Con loro le piume spariscono” dice Ozaki. Murakami non scrive con il suo ego ma semplifica la scrittura, cattura le cose con la sua parte inconscia.
La letteratura è per i giapponesi strumento essenziale di espressione sociale ed eco attraverso il quale far si che la voce arrivi dall’isola verso il resto del mondo. Questa affermazione è tanto più vera dopo gli eventi di Fukushima.
Come dopo Hiroshima la letteratura giapponese ha dato vita ad un filone “surrealista” collegato all’esperienza dell’atomica. Fukushima ha prodotto attraverso le onde sismiche del terremoto effetti sull’esigenza di scrivere e di leggere nella società giapponese.
La gente ha sentito la necessità di avvalersi della letteratura e delle informazioni per capire cosa accadeva intorno a loro. Lo hanno fatto leggendo, andando nelle librerie. Questa reazione, apparentemente strana per un occidentale va contestualizzata nella cultura nipponica. I giapponesi (dice Haruki Murakami) sono persone routinarie ed individualiste. Camminano per strada tenendo in una mano lo smartphone e l’altra nella tasca. Ecco perché leggere funziona.
Fukushima ha accresciuto l’esigenza di informarsi leggendo. A questa crescente domanda tuttavia gli scrittori giapponesi fanno fatica a rispondere. Dopo l’11 marzo del 2011 gli scrittori si chiedono come scrivere. Yutaka Yano (intervistato da Lire) caporedattore di Shincho rivista su cui sono stati pubblicati i più grandi classici della letteratura giapponese, afferma che la maggior parte delle interviste da lui pubblicate nell’ultimo anno rispondono al tema “Come scrivere dopo Fukuhima”.
In generale è aumentata anche l’esigenza di scrivere, soprattutto per le scrittrici. Ryoko Sekiguchi, che vive a Parigi e scrive sia in giapponese che francese, rappresenta un po’ la nuova generazione del post Fukushima ed ha pubblicato “Ce n’est pas un hazard” cronaca sull’ 11 marzo 2011. Ryoko afferma “il mio editore dice che scrivo per esorcizzare, fermare le parole e le frasi e compattarle come si fermano nei reattori le particelle radioattive”. Non aveva mai immaginato di usare questa parola in un suo libro: “radioattivo”. Tutto ciò dimostra come la scrittura non può prescindere da un tale avvenimento. Non è compito forse della letteratura interrogarsi sul presente e sull’avvenire?
Molti autori Giapponesi pensano di non essere in grado di descrivere la nuova realtà e si sentono inutili. La creatività è imbrigliata dalla catastrofe. E’ in crisi. Ma in qualche modo questo momento di empasse può essere un opportunità. I romanzi trattano del tempo ed il Giappone è in un tempo che non era previsto. L’economia e la politica sono bloccate.
Nel dopo Fukushima la difficoltà di trovare un nuovo linguaggio o espressione a una realtà radicalmente mutata ha portato molti autori e neo autori ad esprimere i sentimenti con la poesia. Per esempio con twitter dove certamente non si possono scrivere romanzi ma le poesia… quelle si!
Fonte: Spécial Japon – n.403 di “Lire”
Libri da mettere nel bagaglio:
1Q84 – Haruki Murakami
Kitchen – Banana Yoshimoto
Giorni Giapponesi – Angela Terzani Staude
Vè