La quarantena ha fermato le nostre vite ed in attesa della fase due, al cui inizio mancano ormai pochi giorni, molti fremono dalla voglia di poter fare quel qualcosa in più che dia un senso di normalità e ripartenza. Andare a correre di nuovo al parco, vedere i propri cari o la propria ragazza, tornare al lavoro… tante cose che prima erano scontate ma che ora ci sembrano una conquista. Il libro che vi propongo oggi racconta la storia di Arturo, un quarantenne che ha fatto si che la sua vita fosse una quarantena, una vita non vissuta e dominata dall’incertezza e dalla paura, una vita sospesa insomma finché non accade qualcosa che mette il punto a tutta questa staticità.
Sebbene la storia di Arturo sia stata scritta molto prima della quarantena parla di una condizione di vita che ci assomiglia molto. Anche in questo caso quello che frena Arturo è la paura, non dal Covid-19, ma la paura di vivere. Un personaggio che si accorge ad un certo punto che nella vita ha aspettato troppo e un giorno si sveglia e decide di trovare il coraggio di salire di nuovo su un tram e prenotare la sua fermata.
Arturo realizza la necessità di cambiare facendo un po’ di riflessioni sul passato e sui suoi desideri, mi chiedo quanti di voi l’hanno fatto in questi giorni? E quanti altri desiderano ritornare a vivere non più come prima ma meglio di prima?
La storia di Arturo è una storia di ripartenza e per questo la propongo a voi in questo ultimo fine settimana di totale lock down. L’autrice è simpatica, allegra ma mai scontata e si chiama Valentina Farinaccio. Seguitela su Facebook, sono certa che nel suo modo di essere vi darà nuova spinta e energia per affrontare le prossime giornate.
“Era una sera buia, convinta, e sembrava che il mondo intero non avesse altro da fare se non arrivare il prima possibile a Porta Maggiore, per quell’appuntamento importantissimo. Una cosa tipo: fermi voi, pompieri, carabinieri, finanzieri. E statevene a casa pure voi, ristoratori, farmacisti, dj delle discoteche. Fermi tutti, per piacere, perché a noi, a me e a lei che ci dobbiamo incontrare, serve solo l’autista di questo tram, che mi accompagni dove devo, e una sala da tè aperta fino a tardi, in cui io possa, con una mano riscaldata dalla tazza, circumnavigarle la schiena. Avevano appuntamento alle 19.00, alla fermata. Solo a immaginarlo quel momento, Arturo si sentiva in un film di Truffaut. Erano gli anni in cui ci si dava gli appuntamenti, ancora. Quando si era capaci di dirsi con una settimana di anticipo, anche due, il dove e l’ora. Senza annullare, ritardare, ritoccare. Che pare una magia straordinaria, il fatto di essersi visti, per così tanti anni, proprio là, a un’ora stabilita tutto quel tempo prima. Perché gli imprevisti devono essere stati inventati insieme agli smartphone, non c’è altra spiegazione. O forse è perché un tempo l’imprevisto era sempre una cosa grossa, mentre oggi è anche solo che stasera no, proprio non ci va.”