Milano. Sapete come sono nate le librerie del “Libraccio”?

Librieco oggi va a Milano.

Fa piuttosto freddo, lungo le strade e sui marciapiedi resistono imperterrite tenaci zolle di neve ghiacciata. Il cielo è grigio ma nessuno sembra farci caso, diciamo che il maltempo non è considerato un fatto degno di nota. Facciamo colazione in Piazza Duomo, una visita mordi e fuggi a qualche  negozio troppo costoso, e una passeggiata all’aperto sulle note di un artista di strada che imbraccia una chitarra.

La città è calma e ordinata. Probabilmente anche lei di domenica riposa. Prendiamo un tram e ce ne andiamo a mangiare sui navigli: risotto, ossobuco e un bicchiere di vino. Mentre l’acqua scorre nel canale, entriamo in quell’angolo di Milano dove ci si dimentica della vita frenetica e produttiva per immergersi in una dimensione più poetica ed astratta. Sui navigli si incontrano artisti e pittori. I vicoli sono pieni di acquerelli fatti a mano. Lungo la via si dipanano banchetti di libri, soprattutto poesie, dove foto in bianco e nero ritraggono i versi e il volto di Alda Merini.

E proprio sul naviglio, ad un certo punto, vediamo l’insegna di una bella libreria. È una di quelle che si vedono in molte città del nord Italia e più sporadicamente a Roma. Riconosciamo l’insegna, identica a quella di Bologna, su cui è scritto “Libraccio”. A Bologna ci si vanno a comprare e vendere dei libri usati, ma poi hanno un pò di tutto: outlet letterario insieme a cancelleria e nuovi arrivi.

A Milano, sui navigli, le due cose sono invece separate: da un lato l’outlet dei libri usati, dall’altro una libreria con testi appena stampati. Entriamo in quella più piccola, con le travi di legno e il parquet sui pavimenti. È piena zeppa di libri di seconda mano e scaffali incastrati gli uni accanto agli altri. Ricorda un pò certi negozi di dischi a Londra dove devi armarti di pazienza e cercare ma alla fine qualcosa di originale c’è sempre. Dà l’aria di un vecchio negozio un tempo adibito ad altro. È proprio così: prima degli anni settanta era di un panettiere.

Le nostre suggestioni non sono casuali perchè scopriamo subito che la libreria Libraccio ha dietro una storia molto particolare. Lo scopro attraverso un libro, che si trova vicino alle casse, si intitola “Libraccio – quando i sogni cambiano le regole”. Inizio a leggerlo curiosa. È una storia ambientata in un’altra epoca, gli anni settanta, ma la trovo nei suoi principi  molto attuale. È una storia di fatto contemporanea perchè parla di: un mondo che sta cambiando, un gruppo di giovani che inventa un nuovo modo di fare libreria, del coraggio di credere e difendere una nuova idea imprenditoriale anche se diversa da quella tradizionale.

La storia è più o meno questa:

“(...) alla fine degli anni Settanta, quando a Milano cominciano a spuntare strani mercatini che pullulano di studenti e stanno aperti solo pochi mesi l’anno, tra settembre e novembre (…) Sono organizzati in stand, o più che stand in capanne. Capanne solidissime: una bella base di bancali su cui sono inchiodate (…) cassette di pere argentine (…) dentro queste cassette sono stipati, a mo di libreria, scaffali di libri usati”.

Poco prima dell’inizo delle lezioni i ragazzi che gestiscono gli stand raccologono le liste di libri di cui gli studenti universitari hanno bisogno per il nuovo ciclo di lezioni oppure di cui devono disfarsi. Inizia così un mercato di scambio di libri che, come il moltiplicatore della moneta, moltiplica l’accesso alla cultura e lo fa a basso costo. Gli stand, da prima sono irregolari e presi di mira da ordinanze comunali che ne decretano la rimozione, ma poi vengono nel tempo regolarizzati e approvati quando se ne capisce l’utilità e la diffusione in tutta la città.

“Il lavoro comincia un mese prima della fine delle lezioni. Ci si presenta davanti alle scuole a raccogliere gli indirizzi di studenti e studentesse, ma soprattutto i numeri di telefono. …Una manciata di appuntamenti al giorno. In moto, in Vespa…andare nelle case della gente a fare il pieno. I libri presi in conto deposito. A ogni volume una sigla, a ogni proprietario una ricevuta in base alla quale sarà calcolata la percentuale che gli spetta”.

“Perchè vendere libri usati? Perchè le persone tendono a farlo, innanzitutto. Perciò creare un meccanismo che faccia incontrare il bisogno di quelle persone con la domanda di chi non può permettersi un libro nuovo…”

“E perchè creare un’organizzazione e una società che coordinino la compravendita di questi libri usati? Beh perchè nessun’altro lo fa”.

Oggi Libraccio è una catena di librerie molto capillare, ha una società di distribuzione, diverse società operative e molti soci. Pur non  essendo più ormai da tempo un’azienda familiare testimonia il risultato di una buona iniziativa imprenditoriale nata da passione, amicizia, coraggio ed intuizione.

Se volete saperne di più potete dare un’occhio a “Libraccio – Quando i sogni cambiano le regole” di Libraccio Editore.

Buona lettura e buon viaggio.