“E’ durata poco, ma è stata una sofferenza sportiva bellissima. Forse, se la Fortitudo avesse vinto di più sarei stato più felice sportivamente, ma umanamente mi ha insegnato molto l’essere spesso dalla parte sbagliata, l’aver perso partite già vinte e l’essermi dovuto sempre rialzare da terra”.
(Una magnifica ossessione)
Oggi ho il piacere di presentarvi Matteo Girardi, autore di “Una magnifica ossessione” , Matteo è il terzo ospite ospite della nostra rubrica in cui sono gli scrittori a diventare i protagonisti e a raccontarsi a noi di Libri&Co., ma soprattutto a voi lettori, attraverso le risposte alle nostre domande.
1) Chi è Matteo Girardi? Raccontaci qualcosa di te.
Sono nato a Bologna ormai una quarantina abbondante di anni fa, ma è dal 2000 che non ci vivo più. Prima Milano, e da 10 anni circa a Londra, dove ricopro ed ho ricoperto ruoli in multinazionali del digitale. Senza volere fare pubblicità , nel 2011 ho pubblicato con Aliberti Castelvecchi il mio primo libro “Una serie di incredibili (in)successi” che appunto racconta la mia storia, da un call center alla periferia di Bologna fino alla Milano della New Economy dei primi anni Duemila fino alla start up di Facebook.
Sono sempre stato un avido lettore ed appassionato di scrittura (oltre che di film e sport!) anche se ammetto di essere spesso poco costante. Sono contento di avere trasmesso la mia passione a mio figlio grande (ho due maschietti). Nel 2019 l’ho aiutato a pubblicare su Amazon un libro di storie di Natale il cui ricavato va in beneficenza.
2) Come è nata l’idea di scrivere “Una magnifica ossessione” e soprattutto l’idea (che, ti confesso, mi è piaciuta immensamente) di strutturarlo come una sorta di memoir in cui racconti sì la tua passione per la Effe, ma anche e soprattutto il legame con tuo padre e la Bologna degli anni ’90?
Ti ringrazio moltissimo. Da appassionato di basket degli anni ‘90, seguo sui vari social pagine che parlano del basket di quei anni. Un giorno, in modo del tutto casuale, noto la foto di un giocatore, e sullo sfondo, sfuocati ma riconoscibilissimi, vedo me e mio padre. Ho pensato che siamo stati per anni abbonati, più le tante trasferte, e che quello è l’unico scatto che abbiamo di quegli anni insieme, sfuocato e casuale ma siamo noi.
Quella foto è stata la mia “madeleine” che ha aperto il cassetto dei ricordi; inizialmente volevo scrivere della Fortitudo, ma mi sono in fretta ricreduto perché alla fine non sarei stato capace di scrivere un saggio ed online si trovano blogs ed articoli con dettagli di partite e aneddoti incredibili, ed io non avrei mai potuto fare un lavoro del genere, ma ho pensato invece che potevo raccontare la mia versione di quei anni e poi aggiungere Bologna sullo sfondo, perché sportivamente e non, parliamo di un decennio incredibile per la nostra città.
Ammetto anche che avere tre tracce parallele mi ha permesso di spaziare tanto nei ricordi, personali e non.
In questo senso ho amato molto “Febbre a 90” di Nick Hornby; per quanto il paragone non possa reggere, il suo è un classico della lettura sportiva-non-sportiva, il mio libro prova ad essere un piccolo omaggio al genere, anche se ci sono ampie differenze.
Io ho poi uno stile di scrittura abbastanza semplice: prendo nota di tutti gli eventi e aneddoti di cui voglio parlare, li intreccio con i vari anni e quello che è successo sul campo e fuori, ed ottengo la mappa del libro. Da qui inizia il lavoro di sottrazione: non si può tenere tutto, anzi “less is more”, odio pensare che le persone si annoino leggendo, meglio allora fare correre le parole come i giocatori sul parquet. Qualcuno può pensare che alcuni capitoli sono tirati via, ma è tutto abbastanza intenzionale.
Alla fine, credo sia un libro di basket ma che non parli solo di quello, ci sono varie dimensioni. Per me parla principalmente di famiglie, quella che abbiamo, e quelle che ci costruiamo al di fuori seguendo le nostre passioni. Anzi, proprio la prefazione di Filippo che cita le famiglie infelici di Anna Karenina l’ho trovata veramente azzeccata.
Alcuni episodi di cui parlo, inclusi i risultati, me li ricordavo benissimo, impressi nella memoria. Per altri capitoli mi sono andato a rivedere le vecchie partite su Youtube, incluse le finali del ’98… dopo 25 anni per me rimane ancora un mistero come abbiamo fatto a perdere.
3) Quali sono, a tuo parere, le differenze tra l’essere un tifoso Fortitudo oggi e l’esserlo stato quando eri un ragazzo? Pensi che i social e l’utilizzo delle nuove tecnologie abbiano influenzato il modo di supportare la propria squadra?
Moltissimo! Ho avuto la fortuna di avere lavorato per alcune delle piattaforme social principali (Facebook/Instagram oggi Meta e Twitter, oggi “X”) e vedere da vicino la trasformazione che stava avvenendo. I social rispondo alle domande che mi facevo da bambino: ma come sarà la vita dei miei giocatori preferiti fuori dal campo? La tecnologia ci dà accesso a chi sono veramente, accorcia molto (a volte troppo) le distanze. All’epoca, e ti parlo coi ricordi di un bambino di 12 anni, il mio desiderio era quello di scrivere per il magazine della Fortitudo. Quel bambino oggi forse vorrebbe essere il loro social media manager!
4) Nel tuo libro ci sono anche molti riferimenti alla musica. Che sia il nome di una band su una maglietta, o estratti di canzoni vere e proprie. Quanto è stata importante nella stesura del libro?
Si, c’è tanta musica. Ho ascoltato canzoni di quegli anni per trovare, anzi ritrovare le emozioni giuste. Ancora, grazie all’algoritmo della tecnologia ho riascoltato canzoni che non sentivo dagli anni del liceo, e non nascondo il tuffo al cuore.
Aggiungo qui il link per chi fosse interessato: Playlist
Quegli anni erano pieni di musica, il rock, il Grunge ed infine l’avvento della musica Hip Hop. Pomeriggi devoti a registrare compilation fatte da noi su musicassette (le cassettine!) che magari trovavamo il coraggio di regalare a quella compagna che ci piaceva, e poi le feste dove qualche compagno di classe suonava, i primi concerti allo stadio. Io ascoltavo anche tanta musica in auto con mio padre durante le nostre trasferte sportive; se penso a Vecchioni, o De Gregori per me è musica da viaggio.
Una menzione ad hoc meritano i Lunapop e Neffa: del secondo ne parlo nel libro, quando la Fortitudo arrivò alla sua prima finale scudetto, la canzone “Aspettando il Sole” era in cima alle classifiche e lui teneva per tutto il video il cappellino della Effe, nulla poteva essere più perfetto di così. I Lunapop esplosero a fine anni 90, eravamo quasi coetanei, e le loro canzoni hanno accompagnato quegli ultimi anni del Liceo in maniera davvero unica, e poi Cesare Cremonini è fortitudino anche lui.
Marmellata #25 (canzone dell’album solista) è un omaggio straordinario al tempo e all’amore che passano e si capisce quanto lo sport sia stato importante anche per lui. Almeno io la interpreto così. Trovo anche meraviglioso che alla fine delle partite del Bologna suonino allo stadio “Poetica”. Se fossi in lui, regalerei alla “Effe” una versione di Marmellata#25 con il ritornello cambiato in “ah da quando Carlton non gioca più “.
5) Hai in cantiere nuovi progetti di scrittura? Se sì, ti andrebbe di raccontarci qualcosa?
Si, e per citare il tuo blog, ho alcuni progetti nuovi ed alcuni sogni. Partendo da questi ultimi, vorrei poter scrivere la biografia di una persona che non sia il sottoscritto. Ho alcuni personaggi in mente del mondo dello sport e chissà mai che leggendo i miei libri non gli venga idea di contattarmi.
Le idee originali non mancano ma quello che ho iniziato è un libro di sport per bambini.
Una magnifica ossessione, Matteo Girardi – Ultra Edizioni
“Il basket e la Fortitudo sono la mia infanzia felice e un pezzo della mia confusa adolescenza, sullo sfondo di una città in un periodo indimenticabile, la Bologna di fine anni ’90”
Quando sono venuta a conoscenza del romanzo di Matteo, da appassionata di basket e tifosa della Effe, mi sono subito incuriosita e devo proprio ammettere che “Una magnifica ossessione”, ha addirittura superato le mie aspettative. Infatti, pagina dopo pagina, la narrazione si fa sempre più profonda, come se crescesse insieme al suo protagonista, abbracciando una molteplicità di tematiche. Non si parla più solo di sport, che rimane comunque, un punto cardine, ma anche e soprattutto di un bambino che si trasforma in un ragazzo e infine diventa adulto, attraversando momenti felici e difficoltà. Le vicende sono sempre raccontate con tenerezza ed ironia: gli allenamenti di basket, le partite della Effe, i primi amori, le amicizie, la famiglia e, in particolare, il rapporto con il padre che ha come tramite la passione per lo sport.
Leggendo “Una magnifica ossessione” ho riso, mi sono commossa, ho sofferto ed esultato; il racconto in prima persona ha senz’altro contribuito a coinvolgermi, conferendo all’opera il carattere di memoir. Tra le pagine spuntano i luoghi caratteristici di Bologna e i suoi colori, il tutto accompagnato da tantissima musica, ed ecco che, come per incanto, siamo di nuovo negli anni ’90.