Uno sguardo ai classici. Il professore, di Charlotte Brontë

“I romanzieri non dovrebbero mai consentire a sé stessi di stancarsi dell’indagine della vita reale. Se rispettassero scrupolosamente questo dovere (…) di rado innalzerebbero i loro eroi e le loro eroine all’altezza dell’estasi, e ancor più di rado li precipiterebbero nel baratro della disperazione (…)”.

Charlotte Brontë, Il Professore

Romanzo d’esordio di Charlotte Brontë, Il professore fu riscritto più volte dall’autrice, a causa dei tratti fortemente realistici e autobiografici, non adeguati allo schema letterario che l’epoca prediligeva. Trovò infine pubblicazione a distanza di due anni dalla morte della scrittrice, quando nel 1857 il mito di Charlotte Brontë era già consolidato.

Voce narrante e protagonista della storia è il giovane William Crimsworth, uomo critico ma sensibile, che fugge da un lavoro poco esaltante e dalla cupa zona industriale dallo Yorkshire, dallo stesso definita un quadro dalla tela “rovinata, annerita” con “il cielo giallo (…), il verde della periferia appassito e macchiato”, per trovare lavoro come professore in un istituto femminile di Bruxelles. È proprio in questa sede che Crimsworth incontra e si innamora di Frances Evans Henri, allieva umile ma ambiziosa, alter ego della scrittrice. La stessa Brontë infatti, aveva studiato in un collegio di Bruxelles ed era stata innamorata del suo professore, che tuttavia non ricambiava.

Abbozzo del più maturo e amato carattere presente nel successivo e ben noto romanzo Jane Eyre, Frances dà voce a una femminilità entusiasta e indipendente, serenamente affrancata da ruoli prestabiliti, che compie un salto in avanti rispetto al suo tempo e ai tradizionali schemi dell’epoca vittoriana. Un personaggio, soprattutto in grado di controbilanciare e rinfrancare il lettore dal tono moraleggiante del protagonista, legato invece a giudizi di forte matrice nazionalista riguardo l’inadeguatezza dei fiamminghi, le immagini poco esemplari degli abitanti di Bruxelles, il pregiudizio religioso verso i non protestanti e il reiterato raffronto con il modello inglese. Concetti, questi ultimi, saturi dell’ideologia dell’epoca ma spiacevoli al lettore di oggi.

Contrapposto al serioso Crimswhort è invece Hunsden Yorke Hunsden, individuo estroso, istintivo, in grado di scuotere e condurre il giovane verso direzioni affini alla sua vera natura.

Interessanti inoltre le figure della macchinosa e affascinante di Zoraide Reuter, direttrice dell’istituto, del pretenzioso e ironico Monsieur Pelet, della sfilza di allieve della scuola, talune abilmente tratteggiate nel temperamento frivolo e scanzonato, altre invece nell’atteggiamento malizioso, altre ancora descritte nel comportamento diligente e beneducato. 

L’indagine psicologica dei personaggi, dunque, i tratti caratterizzanti del loro pensiero, le idee innovative e quelle convenzionali, oltre a evidenziare la raffinata analisi che il genio di Charlotte Brontë imbastì ancor prima che la psicanalisi irrompesse nella scena sociale e scientifica, profilano un esame concreto e dettagliato con cui la scrittrice restituisce al lettore il riflesso della sua epoca, compiendo allo stesso tempo un atto di sottile denuncia, straordinariamente precoce nel suo senso analitico.