Sin dalle prime pagine, si è catapultati nel mondo del bizzarro ippologo Alvise Pàvari, un mondo fatto di passione per i cavalli, per la sua Venezia e per le belle donne. La scrittura, inframezzata da frasi in dialetto, veneto e laziale, costituisce un elemento assolutamente piacevole.
Alvise riceve una telefonata nel cuore della notte, si tratta di Silvestro Puddu, un archeologo conosciuto anni prima in Turkmenistan, che non riesce ad attendere che venga giorno, per comunicargli quella che ritiene essere una scoperta molto importante, gli chiede dunque di raggiungerlo subito a Tuscania. Alvise, sebbene controvoglia, mette in moto la sua Fiat spider Pininfarina spinto da un giuramento che risale per l’appunto a quella spedizione in Turkmenistan. Al suo arrivo non trova però nulla di ciò che si era aspettato, Silvestro sembra scomparso e il suo corpo verrà ritrovato solo in seguito in un’area archeologica nei pressi di Tuscania. Qui si apre il mistero: chi potrebbe avere avuto interesse a mettere a tacere il povero Silvestro? E per quale ragione poi? Trovare l’assassino diventa per Alvise un punto di principio, ed è così che vecchie e nuove conoscenze lo trattengono nella cittadina fino al momento della risoluzione del caso nella quale il nostro ippologo avrà una parte determinante.